COS’È IL NĀDA YOGA

COS’È IL NĀDA YOGA

Il Nāda Yoga è una pratica che utilizza il suono e la voce come risorse per migliorare l’equilibrio psicofisico ed energetico della persona.

La parola sanscrita “nāda” viene normalmente tradotta con “suono”: in realtà i suoi significati sono molteplici. C’è un aspetto di Nāda che possiamo sperimentare attraverso i sensi (l’udito, il tatto) ma ce ne sono anche altri, via via più sottili e raffinati, che possiamo contattare solo scendendo negli strati più profondi della nostra mente.

Corso di Formazione in Nāda Yoga

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Com’è strutturato

Un seminario o un ciclo di incontri di Nāda Yoga sono composti da momenti di pratica alternati a spiegazioni teoriche volte allo scopo di rendere i partecipanti più consapevoli dell’esperienza che stanno compiendo. Per questo motivo vengono esposte le principali caratteristiche del suono, sia dal punto di vista metafisico che da quello più strettamente materiale.

Finalità e strumenti

Nello specifico del Nāda Yoga trasmesso da Vemu Mukunda, il principale obiettivo degli incontri è quello di “sentire il suono” non solo con l’orecchio esteriore ma soprattutto attraverso l’ascolto interiore. Per questo motivo la voce, elemento portante della nostra pratica, viene utilizzata non a fini estetici ma come strumento di conoscenza. Le vocalizzazioni, il canto delle scale musicali trasformative e l’intonazione del mantra OM, ci porteranno ad esplorare tutte le riverberazioni del suono a livello fisico, emotivo ed energetico. Svilupperemo in questo modo una maggiore consapevolezza del potere della vibrazione e saremo in grado di utilizzare le varie tecniche esposte per migliorare il nostro benessere psico-fisico.

A chi è rivolto

I seminari sono aperti a tutti e non richiedono una preparazione di tipo musicale; tuttavia, per agevolare le persone meno esperte in questo campo, offriremo una breve introduzione ad alcuni concetti strettamente finalizzati alle pratiche Nāda Yoga che verranno insegnate nel corso. In generale la pratica non prevede l’assunzione delle posizioni tipiche dello Yoga (asana); nonostante ciò il Nāda Yoga può essere perfettamente integrato con questo tipo di attività.

Programma generale del corso:

  • Fisica e metafisica delle onde sonore. Suono udibile e non udibile (ahata/anahata)
  • Il suono nelle antiche cosmogonie
    Il mito della vibrazione primordiale
  • Mente condizionata e mente incondizionata
    Il mistero dei simboli sonori
  • Introduzione al linguaggio musicale.
    L’alfabeto musicale: note, intervalli, scale (teoria e pratica)
    Sistemi di intonazione: scala naturale e temperata
    Aspetti dell’accordatura a 440/432 hz
  • La legge dell’Ottava
    Il principio ermetico applicato al suono
  • Gli armonici naturali
    Il mandala sonoro che permea la natura
  • La mappa del corpo sottile
    Introduzione al sistema indiano: chakra/nadi/kosha
  • Il tantra
    Elementi di base della tradizione buddhista e induista
  • Pratiche preliminari di purificazione energetica
    Respirazione in 9 cicli / Meditazione OM AH HUM
  • Il Nāda Brahma Yoga
    Introduzione all’opera di Shri Vemu Mukunda
  • La tonica individuale
    La nota che ci collega all’universo
  • L’ascolto profondo
    Consapevolezza fisica, energetica, mentale ed emotiva del suono
  • Penso dunque suono
    Il potere dell’intenzione applicato al suono e l’armonico emotivo.
    La motivazione interiore del praticante Nāda Yoga
  • Il mantra A U M (OM)
    Meditazione sonora in quattro fasi per allineamento e armonizzazione energetica.
    (modalità base e modalità espansa)
  • Il senso della musica
    Musica soggettiva e musica oggettiva
  • Introduzione ai principi della musica indiana
  • Suoni mantrici
    Le note musicali indiane
  • Tutto è relazione
    Frequenze e intervalli nella musica indiana (shruti e swara)
  • Suono ed emozione
    il valore semantico degli swara
  • Alchimia musicale
    Le scale musicali trasformative del Nāda Yoga
  • Pratiche di canto libero e guidato
  • Il linguaggio nascosto dei suoni
    Vocali e consonanti
  • Il Suono Sacro
    Introduzione al mantra
    Tradizione indo/buddhista e tradizione europea
    Introduzione al Canto Vedico
  • Chakra e vocali
    Pratica per l’apertura dei chakra attraverso il suono
  • Energizzare la voce
    Introduzione al Canto Armonico (Overtones Singing)
  • Introduzione al ritmo
    Il sistema ritmo-fonetico TAKADIMI
  • Guida all’utilizzo di app e altre tecnologie per la pratica individuale
    Frequenzimetro, metronomo, spettrogramma, strumenti indiani campionati

Ma per quale motivo dovremmo avventurarci lungo questo sentiero?

In tutte le principali cosmogonie antiche la vibrazione-suono (chiamata di volta in volta “Om”, il “Verbo”, “Logos”, ecc.) viene considerata come causa ed essenza ultima del Creato; quello manifesto è solo l’aspetto più grossolano ed evidente del suono in quanto, da un punto di vista metafisico, il principio di Nāda ci riconduce piuttosto verso la comprensione della natura di quel misterioso stato di pre-esistenza dell’universo che ha affascinato tanto gli scienziati quanto i ricercatori spirituali di ogni epoca. Nella tradizione induista si racconta che il saggio Narada un giorno si recò da Brahma chiedendogli perché il mondo da lui creato fosse diventato così pieno di infelicità. Brahma rispose: “Le cose dovrebbero camminare con me, e devono farlo attraverso il suono, così il suono che le riporta a me darà loro anche l’armonia originaria”. Il mito tramanda che a Narada venne insegnato un metodo per ricondurre gli esseri alla fonte divina e così nacque il Nāda Yoga (Yoga del Suono).

Le origini dello yoga del suono

I Veda, le antiche scritture indiane, ci hanno trasmesso molte informazioni sulla natura di Nāda e anche diversi strumenti per farne esperienza a fini evolutivi. In tempi recenti il maestro indiano Vemu Mukunda ha riscoperto alcune di queste tecniche, rielaborando ed integrando al tempo stesso i principi alla base della musica classica indiana, enfatizzandone gli aspetti meditativi e terapeutici. È noto come nella tradizione indiana non esista separazione tra spiritualità e arte; tutto sorge dai sacri Veda come armoniosa fioritura di un’unica grande saggezza che si manifesta attraverso differenti sentieri, ognuno dei quali può condurre il praticante verso la liberazione definitiva dalla sofferenza. Il sistema musicale indiano, grazie ad una specializzazione che si è andata sviluppando attraverso numerosi secoli, ha raggiunto una padronanza pressoché totale del rapporto tra suono ed emozione; all’interno dell’esecuzione di un raga (la composizione per eccellenza nel sistema indiano) ogni singola nota (o, per meglio dire, ogni intervallo) produce un preciso e determinato effetto emotivo. In questo modo l’ascoltatore viene trasportato (spesso in modo non esplicito) in una sorta di viaggio interiore che sblocca e trasforma le energie cristallizzate nel corpo sottile, riportando armonia ed equilibrio all’interno del sistema psicofisico. Partendo da questi principi teorico/pratici Mukunda (che era non solo un ricercatore ma anche un eccellente musicista) elabora un processo di auto guarigione basato principalmente sul canto delle stesse scale musicali da cui nascono i raga; i “nada yogi” vengono quindi indirizzati ad una pratica attiva che, dopo un periodo di apprendistato guidato, possono proseguire anche (e preferibilmente) da soli. L’obiettivo primario del Nāda Yoga è quindi, in estrema sintesi, quello di trasformare i blocchi emotivi in energia rinnovata e pienamente disponibile per scopi creativi ed evolutivi.

Occhio vs orecchio!

Ormai da molti secoli la cultura occidentale considera l’occhio come il più nobile tra gli organi sensoriali di cui è dotato l’essere umano; ne è scaturita una società (quella attuale) in cui gli stimoli visivi non solo sono numerosissimi (vedi computer, smartphone, tablet, TV, pubblicità, ecc.) ma vengono ritenuti anche portatori di un’“immagine” più realistica del mondo esteriore e, per estensione, dell’ intero universo. Si ritiene, erroneamente, che attraverso lo sguardo sia possibile cogliere gli aspetti più intimi e dettagliati della realtà e ottenerne un quadro d’insieme più “vero”. In realtà numerose ricerche, tra cui quelle del medico e musicoterapeuta Alfred Tomatis, hanno dimostrato che l’orecchio fornisce al nostro cervello un numero di informazioni largamente superiore a quello dell’occhio. Mentre l’occhio è un senso estrovertito, che tende a cogliere il mondo esteriore, l’orecchio è in grado di portare questa dimensione verso l’interno dell’uomo, “entrando nell’anima umana” (cit. Diether Rudloff). Pensiamo, da parte nostra, all’importanza fondamentale che in ogni cultura ha rivestito per secoli la trasmissione orale del sapere tra maestro e discepolo (in Oriente in parte è ancora così). Ripensiamo ai vari tipi di apprendimento dei quali noi stessi abbiamo fatto esperienza nella nostra vita: quanto può essere chiara, incisiva e indimenticabile una lezione ascoltata dal vivo, magari da un insegnante dotato di un particolare timbro vocale ed una naturale capacità di esposizione legata al senso del tempo, dei ritmi, delle pause e delle sospensioni, ecc. in altre parole: con uno spiccato senso musicale? I Veda indiani sono stati “uditi” dagli antichi saggi e poi trasmessi attraverso “canti”: tutto questo significa forse che esistono aspetti sottili della realtà che solo l’orecchio è in grado di cogliere pienamente?

Suono udibile e suono non udibile

Il Nāda Yoga individua due tipi di suono presenti nel cosmo, quello udibile e quello non udibile. L’aspetto udibile è chiamato in sanscrito ahata e corrisponde a tutti i suoni interrotti (cioè, dotati di un inizio e una fine) che sorgono dal contatto tra due oggetti (ahata significa letteralmente “colpito”). Il suono non udibile (o non manifesto) viene invece chiamato anahata e, come suggerisce la parola stessa (“non colpito”) è riferito ad un suono che non sorge da alcun contatto: esso è senza un principio e senza un decadimento; in altri termini esso è infinito. Sono ahata, per esempio, i suoni della voce e degli strumenti musicali, mentre sono anahata i suoni mentali, da quelli più grossolani a quelli più sottili. La sacra sillaba Om dei Veda è il suono anahata per eccellenza, la vibrazione che da sempre permea e sostiene ininterrottamente ogni fenomeno esistente nell’universo.

Imparare ad ascoltare

Ascoltare con consapevolezza è una forma attiva di percezione della realtà che va oltre il coglierne gli elementi più materiali e manifesti (come ad esempio il senso letterale di una parola udita) e ne percepisce anche le sfumature più sottili e nascoste; una sorta di viaggio al confine tra il suono udibile e il suono non udibile.

La pratica Nāda Yoga ci mette nelle condizioni di sviluppare un ascolto più attento soprattutto dei suoni di cui noi stessi siamo fatti e di quelli che, consapevolmente, sperimentiamo nella pratica attiva del canto e delle vocalizzazioni. In un certo senso il Nāda Yoga ci abitua ad ascoltare non solo con l’orecchio esterno ma con tutti i nostri recettori, fino a percepire dove vibra un suono nel corpo e che tipo di emozione sta sorgendo in corrispondenza di un determinato intervallo musicale.

La Voce

Nel Nāda Yoga la voce assume un ruolo centrale; sempre secondo Mukunda infatti, la voce manifesta l’espressione più autentica della nostra personalità e delle nostre emozioni. Il termine stesso per-sona (attraverso il suono) ci indica come l’individuo si caratterizzi maggiormente per il suo “suono”, più che per il modo in cui appare o agisce nel mondo. Il Nāda Yoga però ci dice qualcosa di ancora più radicale: ogni essere non è contraddistinto solo dalla sua voce, unica e irripetibile, ma anche da una vibrazione specifica, che Mukunda chiama “tonica individuale”. Quando la nostra voce e la nostra frequenza vibratoria sono allineate, le nostre energie sono nel pieno delle loro potenzialità, con evidenti effetti sullo stato psicofisico della persona.

È bene chiarire che nelle pratiche di Nāda Yoga non è necessario essere “bravi” cantanti né tantomeno dei musicisti, perché l’esperienza del suono prescinde dai canoni estetici e si affida piuttosto all’ascolto consapevole del corpo e delle sensazioni. È per questo motivo che la maggior parte delle tecniche insegnate da Mukunda possono essere anche definite come meditazioni con il suono.

Attraverso le scale musicali trasformative, l’intonazione del mantra AUM (in accordo ad un antico e quasi dimenticato insegnamento) e diversi tipi di meditazione sul suono, chiunque avrà la possibilità di sperimentare l’effetto trasformativo e liberatorio di queste pratiche.

APPROFONDIMENTI

Imparare ad ascoltare

Ascoltare con consapevolezza è una forma attiva di percezione della realtà che va oltre il coglierne gli elementi più materiali e manifesti (come ad esempio il senso letterale di una parola udita) e ne percepisce anche le sfumature più sottili e nascoste; una sorta di viaggio al confine tra il suono udibile e il suono non udibile.

La pratica Nāda Yoga ci mette nelle condizioni di sviluppare un ascolto più attento soprattutto dei suoni di cui noi stessi siamo fatti e di quelli che, consapevolmente, sperimentiamo nella pratica attiva del canto e delle vocalizzazioni. In un certo senso il Nāda Yoga ci abitua ad ascoltare non solo con l’orecchio esterno ma con tutti i nostri recettori, fino a percepire dove vibra un suono nel corpo e che tipo di emozione sta sorgendo in corrispondenza di un determinato intervallo musicale.

La Voce

Nel Nāda Yoga la voce assume un ruolo centrale; sempre secondo Mukunda infatti, la voce manifesta l’espressione più autentica della nostra personalità e delle nostre emozioni. Il termine stesso per-sona (attraverso il suono) ci indica come l’individuo si caratterizzi maggiormente per il suo “suono”, più che per il modo in cui appare o agisce nel mondo. Il Nāda Yoga però ci dice qualcosa di ancora più radicale: ogni essere non è contraddistinto solo dalla sua voce, unica e irripetibile, ma anche da una vibrazione specifica, che Mukunda chiama “tonica individuale”. Quando la nostra voce e la nostra frequenza vibratoria sono allineate, le nostre energie sono nel pieno delle loro potenzialità, con evidenti effetti sullo stato psicofisico della persona.

È bene chiarire che nelle pratiche di Nāda Yoga non è necessario essere “bravi” cantanti né tantomeno dei musicisti, perché l’esperienza del suono prescinde dai canoni estetici e si affida piuttosto all’ascolto consapevole del corpo e delle sensazioni. È per questo motivo che la maggior parte delle tecniche insegnate da Mukunda possono essere anche definite come meditazioni con il suono.

Attraverso le scale musicali trasformative, l’intonazione del mantra AUM (in accordo ad un antico e quasi dimenticato insegnamento) e diversi tipi di meditazione sul suono, chiunque avrà la possibilità di sperimentare l’effetto trasformativo e liberatorio di queste pratiche.

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