Il Nāda Yoga (Yoga del Suono) è una disciplina di origine indiana, basata sulla consapevolezza della vibrazione sonora a livello fisico, energetico, emotivo e spirituale. Lo scopo di questa pratica è quello di armonizzare il sistema mente/corpo, sviluppare le proprie risorse interiori, integrare le parti-ombra e ottenere un maggiore equilibrio psicofisico.
Le meditazioni sonore del mantra AUM (OM), il canto delle scale musicali trasformative e l’intonazione dei mantra indo-tibetani rappresentano il fulcro della pratica: la voce, elemento portante del Nāda Yoga, viene utilizzata pertanto non a fini estetici ma come strumento di auto-conoscenza e connessione universale.
Perché scegliere di percorrere questo sentiero?
“Tutte le volte che la genesi del mondo è descritta con sufficiente precisione, un elemento acustico interviene nel momento decisivo dell’azione”. Marius Schneider, “La musica primitiva”
In tutte antiche cosmogonie, la vibrazione conosciuta come “Om”, “Verbo”, “Logos”, ecc., è considerata causa ed essenza ultima della Creazione. Secondo una prospettiva metafisica, il principio di Nāda ci aiuta a comprendere la natura del misterioso stato di preesistenza dell’universo, che è fondamentalmente vibratorio. Nella tradizione indiana si racconta che il saggio Narada chiese a Brahma, il Creatore, perché il mondo da lui generato fosse così pieno di infelicità; Brahma rispose che le cose dovrebbero seguire il suono, il quale le riporterà all’armonia originaria. Da qui nacque la Via del Suono, un metodo per ricondurre gli esseri alla fonte divina.
Origini e sviluppi del Nāda Yoga
Le antiche scritture indiane, chiamate Veda (conoscenza), contengono preziose informazioni sulla natura di Nāda e offrono diversi strumenti per farne esperienza diretta. In tempi recenti, il maestro Shri Vemu Mukunda ha riscoperto e riproposto alcune di queste conoscenze ormai dimenticate, utilizzando un approccio solido e pragmatico, legato in parte alla sua formazione in campo scientifico (Mukunda, infatti, oltre che musicista, era un fisico nucleare). Il corso integra, pertanto, gli insegnamenti tradizionali indo-tibetani con le conoscenze scientifiche, antiche e moderne, sviluppatesi all’interno della cultura occidentale. Nella tradizione indiana non esiste separazione tra spiritualità, arte e scienza; tutte, infatti, sorgono dall’albero dei Veda come armoniosa fioritura di un’unica grande saggezza che si manifesta attraverso differenti sentieri. Il sistema musicale indiano, grazie ad un processo di specializzazione durato molti secoli, ha raggiunto una conoscenza estremamente profonda riguardo il rapporto tra suono ed emozione, grazie alla quale ogni singola sfumatura del linguaggio sonoro è in grado di indurre nell’ascoltatore un preciso e determinato effetto emotivo. In questo modo, nota dopo nota, egli viene trasportato in un viaggio interiore in grado di facilitare uno sblocco delle energie cristallizzate nel corpo sottile, riportando armonia ed equilibrio in tutto il sistema psicofisico
Come si pratica il Nāda Yoga?
I pilastri del metodo trasmesso da Mukunda, come detto, sono la meditazione sonora del mantra AUM e l’intonazione delle scale musicali trasformative; con la prima il praticante armonizza i propri centri energetici, con le seconde egli va a sciogliere i blocchi energetici ed emotivi, al fine di poter disporre pienamente di energia rinnovata da indirizzare verso scopi creativi ed evolutivi. A questo punto, dopo il lavoro di purificazione ed energizzazione, il praticante avrà raggiunto uno stato interiore adeguato all’esplorazione profonda delle sillabe sacre dei mantra, sia di tradizione indiana che tibetana, dove l’intelletto cede il passo ad una percezione intuitiva delle vibrazioni. Si schiude uno spazio dove la coscienza può cogliere aspetti molto sottili della realtà, vicine alla propria origine spirituale. I “nāda yogi” vengono quindi sollecitati ad una pratica attiva che, dopo un periodo di apprendistato guidato, potranno proseguire in modo autonomo.
La Voce
Lo Yoga del Suono è di fatto uno yoga della voce. Secondo i principi di questa disciplina, la voce infatti è in grado di manifestare la natura più autentica delle nostre emozioni. Il termine per-sona (attraverso il suono) suggerisce che lo stato d’animo di un individuo possa essere colto più profondamente attraverso il suo modo di parlare, piuttosto che per il suo aspetto o il suo comportamento.
Il Nāda Yoga afferma inoltre che ogni essere vivente è caratterizzato da una propria specifica, vibrazione chiamata “tonica individuale”. Quando la voce è allineata con e la vibrazione interiore, la mente dimora nella quiete e le energie personali sono tutte pienamente disponibili, con effetti benefici sull’intero sistema psicofisico.
Nelle pratiche di Yoga del Suono, non è necessario essere bravi cantanti nè musicisti, poiché l’esperienza vibratoria si basa principalmente sull’ascolto consapevole del corpo e delle sensazioni. Per questo motivo, la maggior parte delle tecniche insegnate da Mukunda possono essere considerate come forme di meditazione sonora.
Grazie all’intonazione corretta del mantra AUM, delle scale musicali trasformative e di altre semplici tecniche meditative, tutti avranno così la possibilità di sperimentarne l’effetto evolutivo e liberatorio.
Suono udibile e suono non udibile
Il Nāda Yoga descrive due tipologie di suono, quello udibile e quello non udibile. L’aspetto udibile è chiamato in sanscrito ahata e corrisponde a tutti i suoni dotati di un inizio e una fine che sorgono dal contatto tra due oggetti (ahata significa letteralmente “colpito”). Il suono non udibile viene invece chiamato anahata e, come suggerisce la parola stessa (“non colpito”) è riferito ad un suono che non sorge da alcun contatto: esso è senza inizio e senza fine, in altri termini, infinito. Sono ahata i suoni della voce e degli strumenti musicali, mentre sono anahata i suoni mentali che possiamo sperimentare, ad esempio, in sogno o in meditazione profonda. La sacra sillaba Om dei Veda è il suono anahata per eccellenza, la vibrazione che dalla notte dei tempi permea e sostiene ininterrottamente ogni fenomeno vivente nell’Universo.
Occhio vs orecchio!
Da secoli, la cultura occidentale considera l’occhio come il più nobile tra gli organi sensoriali. Questa concezione ha plasmato una società in cui gli stimoli visivi sono onnipresenti e dove lo sguardo è ritenuto la forma più “veritiera” di percezione del mondo esterno, in quanto capace di cogliere gli aspetti più intimi della realtà.
Tuttavia, numerose ricerche tra cui quelle del medico e musicoterapeuta Alfred Tomatis, hanno dimostrato che l’orecchio fornisce al nostro cervello un numero di informazioni largamente superiore a quello dell’occhio. Mentre quest’ultimo è un senso estrovertito, che tende a cogliere il mondo esteriore, l’orecchio consente al contrario di “entrare nell’anima umana” (cit. Diether Rudloff).
Pensiamo all’importanza fondamentale che ha rivestito per secoli la trasmissione orale del sapere da maestro a discepolo (in Oriente, in parte, è ancora così). Oppure riflettiamo su quanto può essere chiara, incisiva e indimenticabile una lezione ascoltata dal vivo, magari da un insegnante dotato naturalmente di spiccate qualità “musicali” come, ritmo, modulazione e timbro vocale. I Veda indiani sono stati “uditi” dagli antichi saggi e poi trasmessi attraverso “canti”: tutto questo significa forse che esistono aspetti nascosti della realtà che solo l’orecchio è in grado di cogliere pienamente?
Ascoltare con consapevolezza è una forma attiva di percezione della realtà che va oltre il coglierne gli elementi più materiali e manifesti (come ad esempio il senso letterale di una parola udita) e ne percepisce anche le sfumature più sottili e nascoste; una sorta di viaggio al confine tra il suono udibile e il suono non udibile.
La pratica Nāda Yoga ci mette nelle condizioni di sviluppare un ascolto più attento soprattutto dei suoni di cui noi stessi siamo fatti e di quelli che, consapevolmente, sperimentiamo nella pratica attiva del canto e delle vocalizzazioni. In un certo senso il Nāda Yoga ci abitua ad ascoltare non solo con l’orecchio esterno ma con tutti i nostri recettori, fino a percepire dove vibra un suono nel corpo e che tipo di emozione sta sorgendo in corrispondenza di un determinato intervallo musicale.
Nel Nāda Yoga la voce assume un ruolo centrale; sempre secondo Mukunda infatti, la voce manifesta l’espressione più autentica della nostra personalità e delle nostre emozioni. Il termine stesso per-sona (attraverso il suono) ci indica come l’individuo si caratterizzi maggiormente per il suo “suono”, più che per il modo in cui appare o agisce nel mondo. Il Nāda Yoga però ci dice qualcosa di ancora più radicale: ogni essere non è contraddistinto solo dalla sua voce, unica e irripetibile, ma anche da una vibrazione specifica, che Mukunda chiama “tonica individuale”. Quando la nostra voce e la nostra frequenza vibratoria sono allineate, le nostre energie sono nel pieno delle loro potenzialità, con evidenti effetti sullo stato psicofisico della persona.
È bene chiarire che nelle pratiche di Nāda Yoga non è necessario essere “bravi” cantanti né tantomeno dei musicisti, perché l’esperienza del suono prescinde dai canoni estetici e si affida piuttosto all’ascolto consapevole del corpo e delle sensazioni. È per questo motivo che la maggior parte delle tecniche insegnate da Mukunda possono essere anche definite come meditazioni con il suono.
Attraverso le scale musicali trasformative, l’intonazione del mantra AUM (in accordo ad un antico e quasi dimenticato insegnamento) e diversi tipi di meditazione sul suono, chiunque avrà la possibilità di sperimentare l’effetto trasformativo e liberatorio di queste pratiche.